venerdì 19 Aprile 2024

Lucca Comics & Games 2018 – Impressioni di Gioco – Parte 6

Nuove Impressioni di Gioco dai tavoli di Lucca Comics & Games 2018! I giochi presentati in questa festival, lo ricordiamo, erano davvero tanti, oltre duecento contando solo le nuove uscite, e ben di più se andiamo a considerare anche le pubblicazioni dell’ultimo anno che non sono mancate sugli scaffali degli espositori (specialmente nelle affollate sezioni outlet…). Gli editori, come è giusto che sia, facevano bella mostra di tutti il loro catalogo, ma era evidente dalle file ai tavoli come il pubblico prediligesse le novità. Tra le tante che abbiamo provato,  oggi vi parliamo di:

– Chronicles of crime
– Key Flow
– Nyctophobia
– Onitama
– Reef

Chronicles of crime (editore: Uplay.it)
Impressioni di gioco di: Francesco Fioretti
 
Aspettative iniziali: 5 di 5 (Investigativo e realtà aumentata: cosa chiedere di più)
Magnetismo del tavolo: 3 di 5 (Sul tavolo carte luogo ed oggetto con il loro codice QR)
Rapidità di comprensione: 5 di 5 (Siamo guidati passo passo dall’app)
All'atto pratico: 4 di 5 (L’investigazione sembrava troppo semplice per poi complicarsi a metà partita)
Retrogusto: 4 di 5 (Ho davvero voglia di vedere come va a finire)
 
Londra, il commissario ci ha appena affidato il caso di un omicidio di una giovane donna avvenuto in Hyde Park, in circostanze poco chiare.  Sarà nostro compito venirne a capo, ed è per questo che ci stiamo dirigendo verso la scena del crimine per esaminarla a fondo. Non voglio svelarvi altri dettagli della partita giocata a Lucca perché ho affrontato la prima investigazione della scatola base quasi completamente per cui vi rovinerei la sorpresa, ma sicuramente posso già dirvi che Cronicles of Crime mi ha colpito favorevolmente. Ogni personaggio, luogo o prova è collegato ad un QR code che, una volta scansionato, ci svelerà tramite una app i relativi dettagli. Fino a qui sembrerebbe tutto già visto, ma il suo vero punto di forza sta nel poter cercare prove materiali attraverso determinati occhiali VR da agganciare al nostro telefono per sperimentare la scena del crimine come se la stessimo vedendo dal vivo. Il gioco è essenzialmente a tempo, in quanto ogni azione (e relativa interazione con l’app per approfondire l’indagine) ci costerà dei minuti variabili accorciando il margine che abbiamo a disposizione per concludere l’indagine. Nel mio turno mi sono trovato ad analizzare la scena del crimine, in Hyde park girandomi su me stesso, guardando in alto, in basso, e cercando in ogni direzione indizi di qualsiasi tipo. Mentre indossavo gli occhiali VR ho descritto ai miei compagni tutto quello che vedevo e che pensavo fosse utile all’indagine, mentre loro cercavano i riferimenti di quanto gli stavo raccontando nelle carte oggetto da posizionare sulla plancia centrale, pronti per essere scansionati nella speranza che ci rivelassero nuovi indizi, nuovi luoghi in cui poterci recare o nuovi personaggi con cui interagire. Ora, come vi ho promesso non mi dilungo sull’indagine, ma sappiate che l’app funziona molto bene e che vedere in realtà aumentata quello che tipicamente immaginiamo è qualcosa di molto immersivo e coinvolgente. Un altro punto a favore del titolo sta nel fatto che l’indagine, che inizialmente mi sembrava molto semplice e lineare, si è andata complicando di parecchio mano mano che procedeva facendomi pensare che le cose non sono mai quello che sembrano. Quindi non solo ottimi materiali, una buona app localizzata in italiano precisa e funzionante ma anche una indagine dal giusto grado di sfida, interessante e mai frustrante.

Key Flow (editore: RedGlove)
Impressioni di gioco di: Lorenzo Calvi

Aspettative iniziali: 3 di 5 (Non conoscevo Keyflower, ma me ne hanno parlato bene)
Magnetismo del tavolo: 3 di 5 (mazzo di carte, diventa subito caotico)
Rapidità di comprensione: 4 di 5 (si basa tutto su una meccanica sola)
All'atto pratico: 4 di 5 (la partita è andata subito bene)
Retrogusto: 4 di 5 (piacevole come gioco leggero)
 
Mi avevano parlato spesso bene di Keyflower, per cui ero curioso di provare questa variante, a detta di molti, più veloce e snella.
Pochi secondi nella spiegazione e ho capito che mi trovavo davanti a quella che, di solito, viene chiamata “una insalata di punti”, ovvero un gioco con tanti modi diversi di guadagnarne. La partita, come scritto sopra, si regge su una sola meccanica, ovvero il draft. In maniera simile a 7 Wonders, i giocatori calano una carta dalla mano e consegnano le rimanenti al giocatore alla propria destra o sinistra, a seconda del turno.
Scopo del gioco è quello di erigere un villaggio che, con negozi, animali, eventuali sbocchi sul fiume e quant’altro, crei un motore di generazione di risorse e conduca, a fine partita, a fare un più punti degli avversari.
Un aspetto molto interessante del gioco è come si fanno i punti:  oltre alle costruzioni ci sono molte carte, presenti nell’ultima stagione, che ne offrono in base a determinate condizioni, nel mio caso ad esempio dovevo avere set completi di lavoratori. Al termine della partita è stato quindi importante non solo cercare di prendere più punti possibile, ma anche negarli agli avversari. Pur se con qualche dubbio – le icone non sono sempre chiarissime – è andato tutto molto bene, anche grazie alla gentile dimostratrice che, dopo cinque giorni di festival, riusciva ancora a gestire brillantemente tre tavoli! Nonostante il poco tempo a disposizione, siamo riusciti  a finire una partita completa e arrivare alla fine tutti grosso modo allo stesso punteggio, pur avendo perseguito strategie molto diverse.
Pur non conoscendo gli altri giochi della serie Key devo dire che questo Keyflow mi ha particolarmente colpito: un gioco leggero che, al termine di cinque giorni di Lucca Comics & Games, ci voleva proprio come defaticante!

Nyctophobia (editore: Asmodee Italia)
Impressioni di gioco di: Francesco Fioretti
 
Aspettative iniziali: 2 di 5 (Non lo conoscevo prima di vederlo in fiera)
Magnetismo del tavolo: 2 di 5 (board minimale ed essenziale, ma d’altronde non si deve vedere)
Rapidità di comprensione: 4 di 5 (pochissime azioni possibili, quindi spiegazione rapida ed immediata)
All'atto pratico: 2 di 5 (giocare senza vedere richiede un grande sforzo)
Retrogusto: 3 di 5 (Mi sono sentito davvero perso nel buio)
 
Ci sono moltissimi giochi da tavolo che ci costringono a fare scelte al buio, ma mai nessuno aveva preso la cosa talmente sul serio al punto da richiedere ai giocatori di rinunciare completamente al senso della vista. Al tavolo tutti abbiamo indossato degli speciali occhiali da sole completamente schermati che ci hanno impedito per tutta la partita di vedere, e ci hanno portato a sperimentare la paura del buio promessa dal titolo del gioco.
Tutta la partita si è svolta su una scacchiera tattile organizzata in una sorta di labirinto. Ho collaborato con i miei compagni al tavolo per cercare di trovare una via di uscita ed arrivare ad un macchina dove aspettare l’arrivo della polizia prima che tutto il gruppo venga ucciso. La simpatica dimostratrice era difatti l’unica al tavolo a poter utilizzare tutti i sensi ed impersonava il maniaco omicida che ci dava la caccia in questa intrigata e buia foresta. L’unico modo per scampare alla fine è stato solo quello di fare affidamento al senso del tatto per costruirci una mappa mentale del mondo che ci circonda e scambiarci informazioni utili al fine di trovare il luogo sicuro nel cuore del labirinto. Ovviamente al primo tentativo abbiamo fallito e siamo stati raggiunti dal maniaco omicida ma devo dire che spesso mi sono sentito perso e smarrito nel buio La mia esperienza con il gioco è stata particolare, devo ammettere che ho preferito tenere gli occhi chiusi sotto agli occhiali schermati e che in effetti è servita una bella intesa con i ragazzi seduti al tavolo con me, ed una capacità di astrazione ed immaginazione della mappa del gioco non indifferente per arrivare ad un passo dalla macchina. In ogni caso non è facile rinunciare completamente ad un senso e farlo per una intera partita è sicuramente un’ esperienza singolare.

Onitama (editore: Raven Distribution)
Impressioni di gioco di: Lorenzo Calvi

Aspettative iniziali: 3 di 5 (i giochi su scacchiera non sono proprio il mio genere)
Magnetismo del tavolo: 3 di 5 (bello il mat, un poco anonime le statuine)
Rapidità di comprensione: 5 di 5 (ottima spiegazione e gioco facile)
All'atto pratico: 3 di 5 (è particolare ma niente di eccezionale)
Retrogusto: 3 di 5 (ha un costo elevato per l’esperienza che propone)

Non posso negare di essermi seduto al tavolo di Onitama con qualche preconcetto: un gioco su scacchiera, per due persone a trenta euro, non è poco. Va detto che i materiali sono buoni: la plancia di gioco è fatta dello stesso materiale dei tappetini del mouse, piacevolmente illustrata. Le statuine dei pezzi, benché grandi, sono piuttosto spoglie di dettagli e soprattutto sono in plastica monocolore, quindi abbastanza anonime, nel complesso. La spiegazione è stata piacevole e veloce: ci sono un Sensei e quattro Studenti per parte, scopo del gioco è “mangiare” il Sensei avversario, o raggiungere col proprio la sua casella di partenza.
L’aspetto che mi ha più colpito del gioco è rappresentato dalle carte movimento: se ne estraggono cinque, tre al primo giocatore e due al secondo. Nel proprio turno il giocatore sceglie che carta giocare, muove un pezzo a piacere di conseguenza e passa la carta all’avversario, che quindi potrà usarla nei turni successivi. Sia il fatto che le carte movimento disponibili siano diverse a ogni partita, sia che si passino all’avversario una volta utilizzate, creano delle dinamiche di gioco molto serrate nella scelta di cosa fare.
Una volta finita la mia partita mi sono fermato ad osservare altri giocatori, ed è innegabile che il gioco sia piaciuto: ho visto coppie fare veloci scambi di mosse per raggiungere una posizione di vantaggio e chiudere, oppure tenersi gelosamente una carta movimento per non concedere l’unico movimento dritto in avanti disponibile…
Non essendoci un limite di mosse, ed essendo queste stesse poche, è possibile che una partita si dilunghi parecchio, almeno nelle prime esperienze. 
Onitama mi ha colpito piacevolmente, come gioco su scacchiera per due, è ragionevolmente veloce e ogni partita presenta sfide diverse grazie alla varietà offerta dalle carte movimento, ma il costo mi ha fermato, magari se trovassi un’offerta durante la fiera…

Reef (editore: Ghenos Games)
Impressioni di gioco di: Ivano Franzini

Aspettative iniziali: 5 di 5 (il secondo titolo di next move dopo Azul, con autore Emerson Matsuuchi)
Magnetismo del tavolo: 5 di 5 (i coralli mettono allegria)
Rapidità di comprensione: 5 di 5 (solo un’icona è meno immediata, per il resto nessun problema)
All'atto pratico: 4 di 5 (la febbre di far salire quel punteggio è innegabile)
Retrogusto: 4 di 5 (in dubbio per l’acquisto)

Quando un gioco è così colorato è inevitabile che l’occhio vi cada sopra. A parte il gran numero di coralli, sul tavolo c’è solo un mazzetto di carte: ogni carta raffigura i coralli con cui accrescere la propria barriera, anche impilandoli, e la modalità con cui otterremo dei punti. Si tratta di controllare determinati posizionamenti, ad esempio un corallo giallo posto in diagonale rispetto a un corallo verde; per ogni volta che quel posizionamento è presente sulla nostra barriera corallina (tenendo in considerazione solo i coralli più in alto nella propria colonna) otterremo i punti stampati sulla carta.
Tutto abbastanza semplice da comprendere, ma non così immediato da gestire. L’obiettivo sarà costituire una catena ininterrotta di punti, ottimizzando la sequenza delle carte da giocare dalla propria mano. Quando riesce, non si può negare una certa soddisfazione, anche nel caso in cui il fato ci avesse dato una mano. Reef, pur senza grandi difetti, non riesce a giungere al livello di Century o di Azul, ma è comunque un gioco dall’ottima componentistica con cui rigiocherei tranquillamente di tanto in tanto.

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