venerdì 29 Marzo 2024

Primi passi nella Storia (parte 9 – La guerra moderna)

Labyrinth: La Guerra al Terrore, 2001-? Ritorniamo a parlare di wargame e di avventure nella storia a colpi di strategia e di fortuna, immergendoci in un mondo appena uscito dalla Seconda guerra mondiale. Nazioni dilaniate e sommerse dalle macerie, popoli dispersi se non sterminati, un ordine globale da riscrivere da zero e il tutto sotto la doppia ombra atomica di Hiroshima e Nagasaki. Eppure i sopravvissuti a quella terribile guerra si potevano considerare fortunati e, pur se con tutte le difficoltà, il 1945 si chiudeva con note di speranza.
Alla fine, dopo il duplice orrore di due guerre mondiali, l’umanità aveva finalmente appreso la lezione? Sarebbe davvero cominciata quell’era di pace che tutti si attendevano dall’inizio del secolo, quando la tecnologia era ancora amica e prometteva prosperità per il mondo intero, anziché essere solo uno strumento di morte e distruzione?

In effetti, sì, almeno per alcune parti del globo. Anche lì, però, era una pace strana, non tanto frutto di una volontà comune di collaborazione reciproca, bensì del timore che i due grandi blocchi capeggiati da Stati Uniti e Unione Sovietica potessero scatenare una guerra ancor più devastante, combattuta a colpi di missili nucleari. Poi, al di fuori della cerchia ristretta delle poche nazioni più fortunate, i contrasti irrisolti del mondo post-coloniale iniziarono a scoppiare uno dopo l’altro: la Corea, il Vietnam, l’Africa, il Sudamerica, il Medio Oriente… e quando la dissoluzione dell’ex impero sovietico aveva finalmente sbriciolato l’oppressiva cappa della Cortina di Ferro, la guerra fece la sua comparsa anche nelle strade di quei Paesi che fino a quel momento si erano creduti al sicuro e che ora si scoprivano vulnerabili di fronte all’insidiosa minaccia del terrorismo globale.
No, la pace era ancora lontana e i conflitti continuarono. Conflitti temuti e conflitti reali, conflitti posti sotto gli occhi dell’intera opinione pubblica mondiale e conflitti quasi dimenticati. Conflitti che sono al centro dei cinque giochi che incontriamo ora che il nostro viaggio nella simulazione storica si avvicina al suo termine.

Storming the Gap ‘85

Storming the Gap ‘85 (Lock ‘n Load Publishing)
Il grande fisico e scienziato tedesco Albert Einstein una volta disse: “Non posso dire con certezza con quali armi verrà combattuta la Terza guerra mondiale, ma so di per certo con quali armi sarà combattuta la Quarta: con pietre e bastoni.” Questa era la visione che l’immaginario collettivo si era fatta di un possibile conflitto tra Stati Uniti e Unione Sovietica: una guerra così devastante e assoluta da cancellare qualsiasi forma di civiltà, ritrasportando i poveri sopravvissuti in una sorta di preistoria post-apocalittica, costretti a combattere per le poche risorse rimaste come acqua e terra non contaminate dalle radiazioni. Eppure, secondo gli studiosi e gli analisti, la realtà sarebbe stata ben diversa.
A nessuna delle due parti in lotta sarebbe mai convenuto dare il via a uno scambio nucleare su vasta scala, proprio per timore di ritrovarsi impelagati in un conflitto senza vincitori e senza alcun vantaggio effettivo. Ben più probabile invece sarebbe stata un’operazione limitata, magari nel continente europeo, con un impiego al massimo esclusivamente “tattico” e contenuto di armi non convenzionali, nucleari e/o chimico-batteriologiche.
Un conflitto simile a quello che ci viene proposto dalla serie World at Wardi Lock ‘n Load Publishing, di cui i titoli Storming the Gap ’85 con annesse espansioni sono stati oggetto di un fortunato Kickstarter e sono ora facilmente reperibili anche sul circuito commerciale convenzionale. La base di tutto è il semplice e intuitivo sistema già sperimentato con la serie Nations at War(dedicata a vari teatri della Seconda guerra mondiale): attivazioni casuali (non più tramite la pesca di chit, bensì di più pratiche carte), combattimenti risolti con tiri di bucket of dice contrapposti (tiro 5 dadi per l’attacco, colpendo al 5 o 6… entrano 3 hit… tu hai 2 tiri di dadi in difesa e mi neghi un hit per ogni 6 che ti esce), durata variabile del turno. La scala prescelta è a metà tra il tattico con piccole unità e l’operazionale o strategico globale, piazzandosi più o meno a livello di compagnia con mappe che includono un buon numero di villaggi, fiumi, colline e foreste di grandi dimensioni, lasciando notevoli spazi di manovra.
Sostanzialmente il gioco è tutto qui, risolvendosi in scambi di cannonate, missili, imboscate di fanteria, bombardamenti ravvicinati a terra tanto feroci quanto rapidi, nonostante lo stile un po’ verboso dei regolamenti LnL ci regali un manuale ponderoso con un numero di pagine che potrebbe intimorire. Qui si aggiungono aspetti di maggiore dettaglio come la guerra elettronica, l’impiego di armi NBC non convenzionali, l’uso degli elicotteri, i missili anticarro e altro ancora. In fondo, però, la sostanza non cambia: ci troviamo nella Germania Ovest a reagire a un primo attacco russo scatenato nel 1985 (data quasi “canonica” per ogni Terza guerra mondiale che si rispetti!) in un gran numero di scenari, se vogliamo anche giocabili in progressione o con un sistema di campagna ad albero. Il tutto viene supportato da una componentistica di primissimo livello, un sistema per il solitario basato su carte, regole per il gioco con miniature e mappa non esagonata e perfino una piccola antologia di racconti a tema! Niente da dire, sulla presentazione e sulla qualità generale della produzione la LnL rimane ai primissimi posti del mondo wargamistico, come anche per l’accessibilità generale dei suoi sistemi. Certo, i dettagli in più rendono il tutto un po’ meno immediato del solito e si può rimanere oggettivamente un po’ confusi da un tale profluvio di materiali… ma superato il primo impatto ci rendiamo subito conto di trovarci di fronte ad una vera e propria enciclopedia di una Terza guerra mondiale ipotetica, peraltro giocabilissima e coinvolgente.
Se poi il sistema vi prenderà, sappiate che sono in lavorazione altri titoli su diversi teatri operativi come il Medio Oriente o l’America Latina, ma anche supplementi dedicati alla guerra aeronavale e sottomarina (qualcuno ha parlato di Caccia a Ottobre Rosso?). Infine, i più ardimentosi possono anche affrontare un titolo LnL certamente più complesso ma alla fine sempre gestibile: il tattico Heroes Against the Red Star, con scontri tra piccole unità dalla Germania Ovest fino ai sobborghi di Parigi. E meno male che si trattava solo di una guerra ipotetica!

’65: Squad-Level Combat in the Jungles of Vietnam

’65: Squad-Level Combat in the Jungles of Vietnam (Flying Pig)
Il Vietnam. L’immagine classica della “guerra sporca”. Elicotteri che mitragliano villaggi fluviali al suono della Cavalcata delle Valchirie, spietate imboscate dei Viet Cong nella giungla, aerei che sganciano bombe al napalm, soldati americani sempre più esausti e scoraggiati, musica rock che riecheggia nelle strade di Saigon o sulle risaie di Da Nang, burocrati di Washington sempre più lontani dalla realtà… ed è solo l’inizio.
Gli Stati Uniti ci si sono ritrovati quasi per caso nel Vietnam, prendendo il posto dei Francesi appena scacciati da quella che loro chiamavano Indocina. Ma la lezione di Dien Bien Phu, una delle peggiori sconfitte della storia militare transalpina ed europea, non era bastata di fronte al timore del “domino” comunista che dal Nord del paese avrebbe prima travolto il corrotto e debole governo del Sud, per poi dilagare in tutto il resto del Sud Est Asiatico. E allora via con altri soldati, altri elicotteri, altri aerei, altre navi, altre bombe e altri morti. Via con una guerra cominciata quasi per caso, condotta male e finita ancora peggio, sempre che sia finita davvero e che una parte della coscienza nazionale americana non la stia ancora combattendo.
La riprova della perdurante importanza di questo conflitto sta nel gran numero di libri, romanzi, canzoni, film e sì, anche giochi, che vi sono stati dedicati. Nel caso dei wargame, sia strategici che tattici, l’elenco sarebbe davvero troppo lungo, ma in questa sede il più interessante è forse ’65 di Mark Walker. Perché sì, è il classico sistema con scontri tra piccole unità in villaggi, distese coltivate, scorci di giungla… ma non si comporta come un classico sistema. Innanzitutto, abbiamo le carte assieme agli esagoni e non sono solo un elemento accessorio: gli ordini li date tramite le carte che avete, dai movimenti agli attacchi. La stessa risoluzione dei combattimenti è lasciata alle carte, con un sistema di esiti che per certi versi ci rimanda al geniale sistema diceless di Combat Commander, ma per altri rimane molto più flessibile e imprevedibile. Cosa perfettamente in linea con la natura ancor più caotica degli scontri asimmetrici moderni, combattuti tra truppe regolari e formazioni irregolari in scenari difficili, ricchi di insidie improvvise, con pericoli dietro ogni angolo. In più, gli scenari introducono progressivamente ulteriori livelli di dettaglio con veicoli corazzati, trasporti truppe, artiglieria, formazioni regolari nordvietnamite e, sì, gli immancabili elicotteri. La sensazione che si ha durante una partita a ’65è in conclusione quella di qualcosa che sia andato terribilmente sbagliato, di una battaglia che non si svolge come dovrebbe, di uno scontro che segue regole tutte sue e che nessuno vi ha realmente spiegato.
È un’illusione, ovviamente, considerata la chiarezza estrema del regolamento, la qualità del materiale di supporto e in generale l’ottima leggibilità di mappe e pedine di ogni genere. Eppure, ’65 resta un wargame tattico così diverso dal solito da richiedere un po’ di dedizione per essere apprezzato appieno, pur senza essere particolarmente complesso. Il risultato finale è un’esperienza allo stesso tempo appagante e sconcertante, l’idea che la stessa unità può compiere grandi atti di valore e poi andare completamente nel panico senza un reale motivo pochi istanti dopo.
Tanti scenari, diverse espansioni dedicate a situazioni e formazioni militari famose, anche un sistema per il solitario dedicato (Alone in the Jungle), il tutto per di più se si vuole anche in formato print and play. La qualità dei materiali, tuttavia, sconsiglia fortemente questo approccio perché il gioco ha un’attrattiva visiva come pochi altri titoli del genere. Sicuramente da non perdere sia per il neofita che per l’appassionato di quel conflitto, anche se da avvicinare con cautela e sicuramente non adatto ai maniaci del controllo.
Perché “Vietnam” e “controllo” sono due termini che davvero non stanno bene assieme nella stessa frase, e l’unica cosa rincuorante che vedrete connessa a questo titolo è il video in cui vediamo un giocatore americano insegnare il gioco a due giovanissimi wargamer vietnamiti in un negozio di giochi appena aperto in quella che non si chiama più Saigon, bensì Ho Chi Minh City. Forse è anche così che finiscono le guerre: con il gioco.

Brief Border Wars

Brief Border Wars (Compass Games)
Lo sapevate che nel 1969 El Salvador e Honduras si dichiararono guerra subito dopo alcuni disordini scoppiati nel corso di una partita di qualificazione per i Mondiali di calcio? Che nel 1974 la Turchia invase l’isola di Cipro e solo alcune formazioni politiche greche tennero testa all’esercito di Istanbul? O che nel 1979, poco dopo l’uscita dal paese delle ultime truppe americane, la neonata repubblica unita del Vietnam fu invasa dalla Cina? O che un’operazione ritenuta poco più che una semplice “azione di polizia” nel 2006 in Libano si trasformò in un disastro tale da costare la carriera a diversi generali israeliani?
Francamente io stesso avevo solo sentito parlare o poco più di tutti questi conflitti, che invece l’esperto di politica internazionale e guerra asimmetrica Brian Train (noto ai giocatori per i suoi due bellissimi titoli COIN, A Distant Plain e Colonial Twilight, oltre che per l’innovativa serie District Commander e tanti altri lavori) ha usato come soggetto per questo piccolo gioiello targato Compass Games.
Fin dalla grafica e dai colori della scatola, appare chiaro il tributo dell’autore alla filosofia dei giochi “ultrapiatti” della compianta SPI: regolamento generale di quattro pagine, fascicoletti da un paio di facciate con regole esclusive e opzionali per i vari scenari. Il risultato è un sistema che rende giustizia sia alla semplicità che allo spirito sperimentale del vero wargame classico senza troppi fronzoli, accessibile a tutti e pronto per essere giocato già pochi minuti dopo l’apertura del gioco.
Gli scenari prevedono infatti l’impiego di un quantitativo davvero limitato di unità, che si muovono su di una mappa ad area molto leggibile e utilizzano un sistema di risoluzione del combattimento estremamente rapido e dinamico (peccato però per alcune scelte di colore sulle pedine, non proprio felici!). Caratteristica fondamentale del sistema è l’attivazione di un numero variabile di unità per il movimento e il combattimento sulla base di apposite carte, compresa una carta speciale che introduce gli eventi speciali di quella specifica campagna. Le partite sono rapide, anzi molto rapide, considerato che si tratta di conflitti di dimensioni limitate combattuti spesso nell’arco di pochi giorni (in termini di gioco, pochi turni) prima dell’inevitabile armistizio imposto dalla comunità internazionale. Per aggiungere dettaglio storico, asimmetria e rigiocabilità (possibili criticità, viste le ridotte dimensioni dei territori coinvolti), viene fornita anche una corposa lista di regole opzionali, attivabili a piacere anche se talvolta un po’ problematiche per il bilanciamento generale del gioco.
In conclusione, Brief Border Wars racchiude al suo interno molte opportunità sfruttate appieno: è un gioco alla portata di tutti, facilmente intavolabile, ricco di sfumature, dedicato a conflitti davvero diversi dal solito e poco conosciuti. Un’occasione da non perdere anche per il neofita che voglia discostarsi dai temi più abituali per il wargame e assaporare questa sapiente combinazione di accessibilità tradizionale, meccaniche innovative e ambientazioni non convenzionali… in attesa del prossimo titolo della serie, dedicato a quattro piccoli conflitti scoppiati tra la Prima e la Seconda guerra mondiale.

Labyrinth: La Guerra al Terrore, 2001-?

Labyrinth: La Guerra al Terrore, 2001-? (GMT Games)
È il 2010 e Volko Ruhnke, astro nascente della “scuderia” GMT, ha due strade davanti a sé per il suo progetto di creare un gioco di simulazione sulla guerra al terrorismo globale, un conflitto che lui stesso conosce bene in quanto di mestiere fa l’analista per la CIA. Può partire dal classicissimo Twilight Struggle, un gioco che ha ridefinito il concetto stesso di wargame, ha “agganciato” fette di pubblico al di fuori della cerchia ristretta della simulazione, ha stampato migliaia e migliaia di copie e si è dimostrato un perfetto equilibrio tra giocabilità e rappresentazione delle dinamiche geopolitiche globali durante la Guerra fredda. Altri designer seguiranno in effetti questo esempio, creando titoli di grandissimo valore come Europe in Turmoil (periodo immediatamente precedente la Prima guerra mondiale), 1989 (dissoluzione della sfera d’influenza sovietica nell’Europa orientale), 1960: The Making of the President (campagna elettorale Nixon/Kennedy). Ruhnke, però, sceglie una strada diversa.
Proprio come aveva fatto con i card-driven games ai tempi del suo Wilderness War, Volko prende i capisaldi precedentemente esistenti e li ribalta totalmente senza però eliminarli, per rappresentare una realtà del tutto diversa pur utilizzando meccaniche già familiari al grande pubblico.
Il risultato è il suo Labyrinth, un confronto indiretto tra Stati Uniti e terrorismo internazionale, combattuto su di una mappa frammentata e priva delle fin troppo gestibili “regioni” coese tra di loro, con due fazioni che hanno obiettivi del tutto divergenti tra loro (migliorare la stabilità globale versus gettare il pianeta in uno stato di conflitto continuo, oppure far esplodere un ordigno nucleare sul suolo americano), che utilizzano metodologie e risorse assolutamente diverse. Se l’Americano si muove in maniera metodica ma certo del risultato una volta aver faticosamente creato le condizioni giuste, il Jihadista vivrà di continui e imprevedibili colpi di coda dall’esito incerto anche per lui stesso. Il tutto scandito da un continuo andirivieni di carte evento da sfruttare o contenere, che andranno a mutare continuamente elementi fondamentali come l’assetto delle relazioni internazionali, il tipo di governo di una nazione chiave, l’afflusso di capitali alle centrali terroristiche, la contendibilità o meno di determinate zone cruciali. In tutto questo apparente caos, grazie a un sistema ad azioni fisse per le due fazioni, le meccaniche restano semplici e del tutto intuitive ma per niente facili da inquadrare in una strategia coerente da portare avanti all’interno di uno scenario del tutto incoerente, in cui un attacco diretto può portare a una vittoria tattica a breve termine… ma ad un disastro strategico sul lungo periodo.
In più, Labyrinth non è solo un gioco, bensì un cantiere ancora aperto: le carte riportano eventi a noi vicini, anzi vicinissimi, e periodicamente GMT rilascia un’espansione che “aggiorna” il gioco alla situazione globale effettiva. Tali update purtroppo non sono seguiti dall’edizione italiana del gioco, peraltro ormai difficilmente reperibile, che comunque rimane funzionalmente compatibile anche con i nuovi componenti. Completano il quadro due bot per solitari (nel base è previsto solo il Jihadista, le espansioni successive introducono anche l’Americano), per una volta semplici da utilizzare e piuttosto efficaci.
In conclusione, Labyrinth simula alla perfezione le mille insidie dei confronti di potere moderni e rimane una pietra miliare della simulazione politico-militare. E una volta usciti da questo “labirinto”, ci vuole davvero poco per perdersi nelle mille giravolte dei più complessi ma affascinanti titoli della serie COIN,inaugurata dallo stesso Ruhnke solo pochi anni dopo con Andean Abyss.

Fitna: The Global War in the Middle East

Fitna: The Global War in the Middle East (Nuts! Publishing)
Da un analista della CIA americana a un altro analista, questa volta però di un’agenzia di intelligence europea, quanta differenza c’è? Non molta, almeno sul piano ludico, a giudicare dalla scelta di Pierre Razoux di applicare i modelli simulativi dei centri analisi strategici francesi a un gioco incentrato sulla difficile e sempre tumultuosa situazione del Medio Oriente. Il risultato stavolta si chiama Fitna, in arabo “la scissione” o meglio ancora “lo scisma” tra la corrente sciita e quella sunnita dell’Islam.
Già il nome ci fa comprendere la diversità dell’approccio seguito da Razoux rispetto ai COIN o allo stesso Labyrinth di Ruhnke. Qui non ci troviamo a maneggiare situazioni ad ampio spettro su scala globale, bensì siamo “con gli stivali sul terreno” a gestire principalmente sul piano militare in prima persona 10 conflitti, sia storici che ipotetici, nella regione che va più o meno dall’Iran fino alle coste orientali del Mediterraneo. Tuttavia, siccome nel mondo di oggi (come del resto anche nel passato…) non è possibile scindere il livello politico da quello più strettamente bellico, il wargame di Razoux prevede sia meccaniche classiche come il movimento, il combattimento, il rifornimento e altro che un sistema di carte il cui scopo è inserire eventi “esterni” nell’equazione operativa finale. Imboscate di formazioni irregolari, variazioni nell’opinione pubblica internazionale, aspetti economici, contrasti religiosi, repentini cambi di alleanze… tutti questi fattori oggi definiti “non cinetici” fanno integralmente parte delle campagne militari descritte da Fitna, e ci spiegano come mai questo stesso sistema venga attualmente utilizzato dal Ministero della difesa francese sia per studiare i conflitti già trascorsi, che per analizzare possibili scenari ipotetici di conflitti convenzionali e di guerre asimmetriche.
La semplicità del regolamento e la flessibilità dei vari elementi di gioco permettono infatti di introdurre agevolmente variabili personali agli scenari già forniti, o addirittura di disegnarne di nuovi. Siria, Iran, Libano, Israele, Turchia… diverranno non più solo nomi di nazioni lontane che sentiamo solo al telegiornale, ma pezzi in movimento di un unico grande (e crudele) incastro chiamato Medio Oriente.
Purtroppo, alcuni problemi in stampa hanno introdotto dei fastidiosi errata nei componenti del gioco peraltro supportato da un regolamento con qualche ambiguità di troppo, ma basta una rapida visita al sito del produttore e sui forum di BoardGameGeek per scaricare tutti gli aggiornamenti necessari. Potrete a questo punto tuffarvi in un gioco articolato, mai banale e di sicuro interesse per tutti coloro che vogliono non solo saperne di più, ma essere realmente più consapevoli di cosa succede (o potrà succedere…) a poche centinaia di chilometri da casa nostra.

E con quest’ultimo “primo passo nella storia”, teoricamente dovremmo portare a conclusione la nostra serie. Abbiamo percorso in lungo e in largo tutta la storia umana, visitato le nazioni più remote, incontrato i personaggi più affascinanti e se consideriamo anche i titoli sui conflitti ipotetici di cui abbiamo appena parlato (come se le guerre realmente avvenute non fossero già abbastanza…), cosa può esserci rimasto ormai da simulare? E invece, l’infinito mondo del wargame ci riserva sempre delle nuove sorprese, sempre dei nuovi modi per giocare con la storia passata, presente e… futura… o, addirittura, impossibile…
Di cosa stiamo parlando? Prendete le vostre armi magiche o se preferite indossate la prima tuta spaziale che trovate in casa: il viaggio non finisce certo qui! L’appuntamento è quindi per la prossima puntata.
 

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